Per gli insegnanti

Contiamo su di voi

Il presente ed il futuro dell'educazione e della cultura dei nostri figli sono nelle vostre mani. In voi insegnanti è riposta la speranza che la conoscenza nonché la formazione sulla neurodiversità dei nostri figli si diffondano e vengano accolte nelle classi. 

Un bambino che non si sente compreso dai suoi insegnanti sarà, inevitabilmente, un bambino la cui autostima avrà grosse difficoltà di sviluppo, potrà andare incontro a comportamenti disfunzionali e faticherà notevolmente ad adattarsi. Vorremmo che poteste, come noi, vedere nella plusdotazione un'occasione premiante. 

Crediamo nell'inclusione, non nelle scuole "speciali" né per loro né per nessun'altra diversità. Abbiamo, in Italia, una buona normativa sull'inclusione, sappiamo però anche quanto, per voi insegnanti, sia difficile realizzarla a causa dei pochi strumenti messi a vostra disposizione, e come difficile sia farlo, in classi troppo numerose. 

Ci auguriamo insieme a voi che la situazione possa essere migliorata ma, nell'attesa, non dobbiamo perdere di vista il focus e rendere quel patto educativo, una reale e costruttiva collaborazione tra insegnanti e famiglie. Una buona scuola dovrebbe nutrire ugualmente bene la natura di ciascuno studente. Non abbiamo tutti gli stessi talenti ma dovremmo avere tutti uguali opportunità di sviluppare quelli che abbiamo.

QUEL GRANDE PUZZLE CHE NON SIAMO MOTIVATI A COMPORRE di Giovanni Galli, psicologo e pedagogista

Lo si sa: rispondere ad una domanda aperta, organizzare un pensiero, spiegare qualcosa, per un ragazzo APC può essere difficile.
Sono molte le descrizioni dei docenti tipo: "sa molte cose, ma poi quando si tratta di spiegare od eseguire sembra che non sappia più nulla".
1) Ebbene, eseguire un puzzle di 1000 pezzi esige competenze organizzative maggiori e differenti, rispetto l'esecuzione di un puzzle di 10 pezzi. Per questo, ad un ragazzo APC, può risultare difficile spiegare una conoscenza, rispondere ad una domanda. Perché lui, invece di organizzare 10 tesserine, ne ha molte di più. Anzi, magari gestisce contemporaneamente due puzzle mescolati fra loro (come mi è capitato di vedere) ...
Se considerate poi il commento di una ragazza APC, a questa mia spiegazione del suo funzionamento cognitivo: "si ho capito, quindi si possono commettere molti più errori", introduciamo il tema dell'ansia.
2) Questa cosa va tenuta debitamente in conto.
Per esempio quando, in sede diagnostica, lo psicologo immagina che il ragazzo APC debba pure essere precoce nelle acquisizioni operatorie, che so: nelle conservazioni della materia, delle lunghezze, oppure delle quantità, e quant'altro.
Invece no. Addirittura, considerata la gestione della quantità delle informazioni, che deve attuare un ragazzo APC, possiamo attenderci ad una lentezza nella elaborazione di un nuovo pensiero.
O la pigrizia! Per realizzare un puzzle di 100 pezzi (anziché 10) ci vuole una bella motivazione. "E chi me lo fa fare?". Prima di dire che il ragazzo è pigro, forse vale la pena capire se è sufficientemente motivato!
Sappiamo che lo sviluppo operatorio si fa quando il ragazzo si stacca dal dato percettivo, per ragionare sulle proprie azioni. E cosa succede allora quando il dato percettivo è moltiplicato? Ci si può ben aspettare un momento di dubbio.
E' quindi interessante scoprire (Planche e Gicquel 2001) che i ragazzi APC si differenziano dagli altri solo per la precocità alle prove di quantificazione delle probabilità, nella scala metrica EPL.
A ben pensare, non c'è da meravigliarsi: la quantificazione delle probabilità ha certamente a che fare col bisogno di organizzazione dei dati!
Per il resto le scale metriche dello sviluppo operatorio, quali l'EPL o l'UDN non indicano differenze significative di sviluppo.
Se il ritmo di sviluppo sembra essere analogo alla popolazione standard, gli studi che si occupano di precocità e sviluppo del pensiero operatorio indicano piuttosto delle differenze funzionali: una volta raggiunta una nozione, la qualità del funzionamento dei soggetti precoci favorisce la rapidità nell'elaborazione delle nozioni, come una applicazione più sistematica e generalizzata.
Planche (2000) indica pure un ritmo inabitualmente rapido nell'acquisizione delle conservazioni e rappresentazioni spaziali, appena raggiunti i primi livelli.

A.A.A.A.A.: il bambino APC in classe ovvero Asincronia, Accelerazione, Arborescenza, Arricchimento, Approfondimento di Chiara Dainese, psicologa

Alla domanda "Come gestire l'alunno ad Alto Potenziale Cognitivo?" provo a rispondere sinteticamente.

  • Definire obiettivi a lungo termine
  • Definire obiettivi a breve termine
  • Strutturare le attività necessarie a realizzare obiettivi a breve termine
  • Sfruttare i punti di forza e gli interessi del bambino
  • Potenziare i punti deboli
  • Gestire la presenza del bambino APC all'interno del gruppo classe

Obiettivi a lungo termine

Passare dal pensiero sequenziale al pensiero arborescente al pensiero sequenziale.

Le lezioni scolastiche sono impostate su un pensiero sequenziale, mentre la mente APC funziona in maniera arborescente. Il bambino APC ha bisogno di imparare a gestire il pensiero arborescente e sfruttarlo per costruire conoscenza che possa essere condivisa e compresa da chiunque.

Il pensiero arborescente si dirama in molte direzioni, crea collegamenti e connessioni. Questa ricchezza va poi elaborata in un'unica dimensione. Il bambino lasciato a sé stesso segue i suoi interessi senza un vero obiettivo e crea da solo delle connessioni. Si tratta di dirigere questa modalità spontanea, insegnandogli a padroneggiarla senza rischiare di perdercisi. È come imparare a disegnare mappe all'interno di un labirinto che si crea da sé.

Il bambino APC lasciato a se stesso tende verso contenuti più difficili in quanto più stimolanti e soddisfacenti, ma da soli non soddisferanno la sua modalità di funzionamento. L'accelerazione* va proposta insieme ad attività di arricchimento* che aiutino il bambino a creare ordine fra quei rami del suo pensiero che altrimenti seguirebbero qualsiasi direzione. Un po' come gestire la crescita di una pianta: si mettono supporti, si legano rami, per farla crescere in maniera armonica e non si dimentica di nutrirla.

ESEMPIO

Argomento trattato in classe. Al bambino vengono dati dei testi più approfonditi, con parole nuove, concetti che vanno oltre il programma. Inoltre gli si chiede di aggiungere riflessioni personali, conoscenze che collega e aggiunge.

Esempio: si parte dalla scrittura degli egiziani e lui approfondisce come si sia evoluta, a quali scritture somiglia, quali altre scritture si stavano sviluppando in quella stessa epoca, insegna ai compagni a scrivere il loro nome coi geroglifici.... Come si potrebbero sfruttare per scambiare messaggi segreti fra bambini, creare un gioco di società, fare una gara a squadre decifrando messaggi che contengono elementi chiave della lezione ecc....

Il passaggio successivo è rimettere insieme tutto ciò che è emerso "ramificando" il pensiero e farlo rispettando dei passaggi logici che rendano condivisibile quanto realizzato.

Seguo il pensiero arborescente, lo gestisco, lo semplifico. Do forma. Rendo riconoscibile a chiunque la complessità.

Esempio: tipo di calcolo matematico, Il bambino farà una ricerca su altri modi di ottenere quel risultato, ad esempio altre tecniche di moltiplicazione (ci sono video molto carini su youtube), poi dovrà individuare almeno due ambiti in cui quel tipo di processo matematico possa risultare utile e come.

Lasciare spazio alla sua modalità di risolvere quel tipo di problema/calcolo e riflettere su quale possa essere più funzionale in base al momento. Ad esempio molti bambini APC non imparano le tabelline, ma le calcolano al momento. Legittimo. Ma se partecipano ad una gara di velocità sapere le tabelline rappresenta un vantaggio.

Si tratta di allargare (molto) il campo per poi far convergere i punti salienti in un prodotto semplificato passando per proposte anche avanzate che da programma arriverebbero più avanti (accelerazione).

La parola chiave coi bambini APC non è quanto ma COME: come pensi, come apprendi, come spieghi agli altri.

"Riempirsi" di nozioni per loro è semplice, molto complesso invece diventare protagonisti del loro apprendimento.

Individuare, riconoscere, padroneggiare i propri processi di apprendimento

Il bambino ha bisogno di riflettere sui processi che mette in atto spontaneamente. Una volta prodotto un risultato al bambino verrà chiesto di ricostruire i passaggi realizzati, ripensare a come ha ragionato e realizzare schemi o riassunti che spieghino quali processi ha messo in atto in modo che arrivi a padroneggiarli. Questa attività inizialmente va condotta.

Un passo successivo può essere farlo riflettere su altri modi di raggiungere lo stesso obiettivo ad esempio modificando il punto di partenza o la strada dalla partenza all'obiettivo. Cos'altro avrei potuto fare? O avrei voluto fare? Cosa mi ha portato a scegliere di iniziare da... com'è che mi è venuto in mente.... Dove avevo letto/sentito questa informazione che mi è tornata utile?

Gestire la presenza di un bambino APC all'interno del gruppo classe

Il bambino va considerato come un elemento di forza del gruppo classe, è un bambino che può trainarne altri, stimolarli a credere nelle loro potenzialità.

Proporre obiettivi di classe ai quali Il bambino possa contribuire in maniera significativa, così che i compagni percepiscano la sua presenza come un vantaggio.

Per evitare imbarazzi e competizione fra i bambini è possibile predisporre delle schede con livelli differenziati di difficoltà lasciando ai bambini la scelta di quale svolgere. Questo fa percepire ai bambini la normalità del differenziare.

In un gruppo ognuno ha un ruolo, ma facciamo tutti parte della stessa squadra. Il collega Giovanni Galli usa la metafora del portiere nella squadra di calcio: maglia diversa, regole diverse, allenamento diverso... eppure elemento fondamentale. Farli sentire una squadra dipende in buona parte dall'allenatore.

Il bambino APC è molto capace in alcuni compiti (Asincronia), ma rimane un bambino. Ciò che deve risultare chiaro è il suo funzionamento, che non porta a non sbagliare mai o capire tutto subito. Il bambino va guidato, supportato, come qualsiasi bambino.

Obiettivi a breve termine, punti di forza e debolezza del bambino

Per strutturare le attività considerando punti di forza e debolezza è indispensabile una valutazione fatta con cura e che faccia convergere punteggi, storia del bambino e osservazione clinica in una relazione che includa delle indicazioni che supportino i genitori e gli insegnanti.

Solitamente il profilo cognitivo viene valutato utilizzando la scala Wechsler nella versione Wisc IV.

La relazione dovrà riportare:

  • Osservazione clinica di come il bambino si è posto nell'interazione con somministratore e come ha affrontato le singole prove;
  • Punteggi dei singoli subtest;
  • Punteggi degli indici: ICV, IRP, IML, IVE;
  • Punteggio del QI e degli indici IAG e ICC;
  • Lettura delle discrepanze interne ai singoli indici (se presenti) e di quelle fra indici;
  • Analisi dei cluster clinici sulla base del modello CHC;
  • Ragionamento clinico che connetta i punteggi ottenuti alle capacità e ai punti di debolezza spiegando come impattano sul funzionamento del bambino;
  • Ipotesi di possibili condizioni associate e approfondimenti necessari (ad esempio per attenzione e memoria).

Ogni bambino è unico, ogni profilo va compreso. I punti deboli andranno considerati all'interno delle attività proposte, che dovranno motivare l'alunno a lavorare per migliorarli. Ad esempio proporre attività con obiettivi raggiungibili solo cooperando aiuta il bambino ad accettare il contributo di tutti, a scendere a compromessi e imparare anche dagli altri.

La programmazione dovrà essere individualizzata sulla base del funzionamento di quel bambino, dei suoi interessi e delle risorse disponibili.

Spesso gli insegnanti chiedono da dove partire a proporre. La mia risposta è "Partite dai vostri interessi, dalle vostre passioni, cercate di divertirvi, sfruttate il vostro potenziale, vedete nel vostro allievo un'occasione di sperimentare e di essere creativi!".

Un allievo "diverso" può essere percepito come un ulteriore carico o come un'occasione. Perché partire da sé? Perché è un modo di presentarsi, di comunicare al bambino "anch'io come te ho delle passioni di cui non sempre parlo in classe" e quindi di entrare in relazione: ti offro qualcosa e aspetto che anche tu offra qualcosa a me. Ci legittimiamo a occupare lo spazio della lezione con "parti di noi". Magari ti porto un'attività sui bonsai che sono la mia passione e tu mi parli del sistema solare che è la tua e poi vediamo come sia possibile mettere insieme questi interessi apparentemente così distanti...

Siate pazienti. Siate curiosi. Create. Proponete. Provate. Verificate. Correggete. Divertitevi.

Perché il ponte in pietra? Perché ognuno mette un pezzo e perché se si inizia a lavorare presto il bambino sentirà di avere la solidità necessaria a raggiungere i propri obiettivi.

* Giovanni Galli (2017)

L'accelerazione: consiste nel fornire al bambino un programma più avanzato, pensato sulla base delle sue esigenze di apprendimento. Può riguardare una o più materie. Insieme all'insegnante vanno valutate le competenze raggiunte e stabiliti i nuovi obiettivi.

L'arricchimento: permette di mantenere alta la motivazione ad apprendere impegnando il bambino in attività complementari che partano da temi trattati in classe. L'arricchimento amplifica la conoscenza su un piano orizzontale stimolando il bambino nello scoprire modi in cui applicare le conoscenze acquisite ad esempio utilizzando letture tematiche, filmati, giochi al computer, giochi creativi o logici, parole crociate, ricerche di sinonimi, creazione di giochi o di storie o fumetti, creando un giornale di classe, facendo esperimenti scientifici, inchieste, partecipando a gruppi esterni. Molte delle attività di arricchimento possono essere proposte a gruppi di studenti o all'intera classe.

L'approfondimento: può essere realizzato o facendo approfondire una tematica o dando forma agli apprendimenti. Il secondo caso sviluppa la meta cognizione, consiste nell'aiutare l'allievo a comprendere il proprio modo di fare, studiare, relazionarsi.

Giovanni Galli, psicologo e pedagogista


APC SUPPORTER di Manuela Cianella, psicologa e pedagogista

L'importanza della necessità di supportare i bambini e i ragazzi ad alto potenziale cognitivo (APC) attraverso piani di studi individualizzati è ben espressa nella "Teoria del Ghepardo" di Stephanie S. Tolan.

"L'animale più veloce della terra in situazioni normali, può apparire goffo rispetto ad altri felidi. Allo stesso modo vi sono bambini intellettualmente più dotati della media, dei quali non è compreso il talento o le necessità emotive per via delle loro differenze.
Gifted significa "colui a cui è stato dato un dono"; in una società egualitaria a tutti i costi, perdiamo di vista una delle parabole più importanti, quella dei talenti.

Il più delle volte, quando il bambino presenta "in eccesso" alcuni tratti caratteristici, possono emergerne solo i difetti: stati d'ansia, depressione, perfezionismo, personalità oppositiva, dislessia, iperattività, deficit d'attenzione o sindrome di Asperger. Ci sono molti talenti da coltivare, ma avendo ricevuto moneta di un altro conio, all' "occhio del leone", sembra che non ve ne siano per niente.
Invece di considerare lo sviluppo della persona nella sua interezza e complessità, il potenziale mentale è sempre più percepito come sinonimo di riuscita scolastica o accademica e adattamento alla società. Gli altri talenti? Sono scartati.

L'intensità, la sensibilità e la sovreccitabilità sono caratteristiche primarie del grande talento e, insieme al desiderio di autonomia, sono necessarie per realizzare a pieno la propria personalità e cambiare il mondo che ci circonda.

Le sovreccitabilità sono innate ed indicano una differenza nella reazione stimolo- risposta superiore alla norma. La persona reagisce con più forza del normale o per un periodo più lungo ad uno stimolo che può essere impercettibile ai più. Esse non comportano solo fattori psicologici, ma una maggiore sensibilità del sistema nervoso centrale che determina una reale differenza nella rappresentazione cognitiva della realtà e nella qualità dell'esperienza psicomotoria, sensoriale, intellettuale, immaginativa, ed emotiva. "Chi manifesta diverse forme di sovreccitabilità, vede la realtà in un altro modo, più forte e più sfaccettato" (Dabrowski).

I bambini brillanti possono sentirsi circondati da leoni che li prendono in giro o li evitano per le loro differenze, questi ultimi possono addirittura arrivare ad attaccarli o drogarli per farli muovere al passo con loro. Nelle scuole gli viene chiesto di fare quello per cui non sono mai stati disegnati (come ghepardi a cui viene richiesto di dilaniare la pelle di una bestia selvaggia con i loro artigli; dopo tutto i leoni possono farlo!) mentre i loro attributi naturali - intensità, passione, energia, indipendenza, ragionamento etico, curiosità, particolare senso dell'umorismo, interessi inusuali e insistenza riguardo la verità e l'accuratezza - sono considerati problemi che necessitano di essere sistemati, ignorati o etichettati come disturbi.

Per sviluppare non solo la capacità fisica ma anche la strategia necessaria a catturare un'antilope in natura, un ghepardo deve poter cacciare e avere un modello da seguire. Senza istruzione e pratica è difficile che possa imparare le essenziali capacità di sopravvivenza, specifiche per ogni individuo.

Se non facciamo voto di salvare questi bambini dall'omologazione o da "cure" sbagliate continueremo a perderli. Verrebbe perso, con essi, qualsiasi beneficio che la loro singolare visione del mondo possa portare."

APC: tanto ce la fa (ce la fa?) di Chiara Dainese, psicologa

Capita che un bambino o un ragazzo ad Alto Potenziale Cognitivo presenti anche un'altra condizione associata o che la vita lo abbia portato a vivere esperienze inusuali che hanno generato vari disagi.

Capita. Come capita a chiunque.

Ma se gli altri gli riconoscono le capacità per farcela capita anche che quel bambino o quel ragazzo sia lasciato solo e passi anni a dover dimostrare che "ce la fa".

Un ragazzo che dalla prima classe della primaria sente di aver arrancato nonostante la noia per la semplicità delle proposte, solo a dodici anni ha scoperto di essere APC e solo a 13 di essere dislessico e leggermente disgrafico. Alla primaria era stato valutato per possibile DSA: non era emerso il potenziale e non era emersa la dislessia. Alle medie le difficoltà si sono amplificate e nonostante fossero evidenti nessun insegnante le ha segnalate riconducendole a scarso impegno, perché in fondo i voti dimostravano che "ce la fa". Nonostante la certificazione USL gli insegnanti non gli permettono di usufruire di tutte le misure compensative di cui necessita, sempre perché "se si impegna ce la fa".

Una ragazza nata in uno stato, trasferita due anni in un altro e ora approdata in Italia, una che velocemente apprende le lingue è stata penalizzata nei voti perché secondo alcuni insegnanti era capace e poteva farcela. Riuscire a comprendere, parlare e studiare in una lingua diversa dalla propria le si ritorce contro, perché "ce la fa".

In nessuno di questi due casi (e quanti altri ce ne saranno!) gli insegnanti colgono la fatica che quotidianamente questi studenti devono fare. Nessuno riconosce che potrebbero volare se impiegassero il loro potenziale nell'esprimere ed approfondire le loro capacità invece di spenderlo per compensare delle difficoltà.

"Guarda i tuoi compagni, guarda come sono quelli che sono veramente in difficoltà"

Alle aspettative si aggiungono i giudizi e le pretese che se il ragazzo è in difficoltà deve essere lui a dimostrarlo, non l'adulto a rilevarlo.

Non stupisce che questi ragazzi si sentano insicuri, che dubitino del loro potenziale, che piangano, che arrivino ad odiare l'andare a scuola.

Il lavoro da fare con loro è insegnargli a guardare a se stessi con altri occhi, a sviluppare nuove prospettive e attribuire nuovi significati al loro fare, ma prima di tutto riconoscere che hanno bisogni concreti, che vanno soddisfatti.

Questo vale per ogni adulto che si relaziona con questi bambini e ragazzi: genitori, insegnanti, professionisti. Dobbiamo fornire solide radici affinché i ragazzi possano sentirsi sicuri nell'esprimere ciò che sono.

"Tanto se vuoi ce la fai" deve diventare "Ti offro gli strumenti affinché tu possa farcela veramente".

Un progetto pedagogico personalizzato di Giovanni Galli, psicologo e pedagogista

Quali sono e necessità di crescita di un plusdotato a scuola?

Molta letteratura parla delle difficoltà scolastiche dei giovani plusdotati. Nella letteratura francofona abbiamo letto per esempio che 1/3 non riesce, che 1/3 si barcamena e che 1/3 se la cava bene o molto bene.
Difficile confermare questi dati.
In primo luogo perché non esiste uno studio longitudinale. Come per le questioni psicologiche, queste affermazioni si basano principalmente sulla popolazione in consultazione, presentano quindi una distorsione metodologica.
Secondariamente non è dato sapere a cosa corrispondano esattamente il "non riesce" o il "si barcamena".
Il non riuscire non significa "bocciare". Molte sono le condizioni di disagio e di insuccesso. Il sottorendimento ne è una realizzazione.
"Il sotto rendimento, o scarso rendimento, può essere semplicemente definito come un rendimento scolastico significativamente inferiore a quello previsto, ciò sulla base di alcune prove e/o segni attendibili. Quando la discrepanza fra potenziale e rendimento sembra essere significativo per l'insegnante e/o per i genitori, bisogna portare attenzione alle specifiche esigenze dello studente e modificare la programmazione pedagogico didattica" (vedi G. Galli, Gli allievi APC, la scuola e il sotto rendimento, 2015).
Ci si può puoi chiedere se un progetto pedagogico personalizzato vada attuato in ogni caso. In verità, se si attendono i segni convenzionali di disagio, l'intervento oltre che tardivo risulterà problematico: perché oltre a gestire la situazione di precocità e di alto potenziale cognitivo, la scuola dovrà curare i problemi comportamentali reattivi, le cattive abitudini acquisite (come il dare per scontato che il docente non racconta nulla di nuovo), lo sviluppo di disturbi interiori, la sfiducia e quant'altro.
In breve, la scuola fatica a distinguere le manifestazioni internalizzanti ed esternalizzanti sul piano cognitivo.
La scuola piuttosto distingue le manifestazioni internalizzanti ed esternalizzanti sul piano degli osservabili in classe, intervenendo quando il giovane "disturba" (manifestazione esternalizzante).
Non interviene quando le manifestazioni sono interne.

I bisogni fondamentali di un ragazzo APC:

- il bisogno di riconoscimento: non è accettabile che degli allievi siano condotti a una situazione di insuccesso e di sofferenza. Non è accettabile attendere eventuali segni di sofferenza per calarci sul bisogno ed il riconoscimento di questi ragazzi.
Ciò implica prima di tutto portare uno sguardo comprensivo e corretto su di loro.
Ciò implica una diagnosi precoce e una giusta analisi della situazione.

- Il bisogno di prevenzione, di mediazione e di cura: le mancanze, gli squilibri presenti in molti di questi ragazzi devono essere trattati, meglio prevenuti.
La grande (specifica) differenza tra potenze intellettuali e competenza esecutiva va presa in considerazione, a prescindere.

- Un bisogno di motivazione: bisogna che i ragazzi APC possano trovare in aula delle risposte alle domande che li abitano, delle conoscenze che attendono sui soggetti che gli interessano, da parte della scuola. Ma anche un aiuto e degli stimoli per attivare gli apprendimenti che sono loro necessari e di cui non percepiscono sempre l'importanza ed interesse.

- Un bisogno di equilibrio psico affettivo e sociale. La scuola deve compensare l'isolamento al quale questi ragazzi giungono.

Varie sono le strade per l'organizzazione di un progetto pedagogico personalizzato. Innanzitutto ricordo come questo debba tradursi in contratti didattici specifici molto concreti, a seguito della valutazione iniziale delle competenze e delle difficoltà, come dei bisogni dell'allievo.
Il progetto sarà poi oggetto di una valutazione regolare e soggetto alle progressive necessarie modifiche.

  • Un corso scolastico ordinario, completato con delle attività personali organizzate secondo obiettivi pedagogici mirati.
  • L'organizzazione di gruppi specifici, che permettono l'approfondimento di alcune tematiche.
  • Il raggruppamento degli allievi su un progetto o la formazione di gruppi di bisogno.
  • La partecipazione a classi superiori in determinate discipline.
  • L'offerta di attività complementari.
  • Un apprendimento in autonomia, individuale, a partire da un contratto didattico.
  • Un programma personalizzato che privilegi alcune discipline, con dispensa di altre.
  • L'elaborazione di un progetto globale dell'istituto.
  • L'iscrizione in una pluriclasse.
  • Possibilità di scegliere alcune discipline in un'altra classe.
  • L'accelerazione del corso, con l'accompagnamento che necessita.
  • L'approfondimento, con l'accompagnamento che necessita.
  • L'arricchimento, con l'accompagnamento che necessita.
  • La partecipazione ad attività extra scolastiche.
  • Una pedagogia per progetti.
  • Un tutorato, un docente di sostegno che seguono e sostengono il giovane

Va poi portata l'attenzione necessaria alla corretta gestione ed apprendimento dei processi esecutivi. E giusto stimolare, arricchire, accelerare. Va immaginato e strutturato però anche il fronte esecutivo.

Attenzione a non occupare però tutto il tempo del ragazzo! Un pedagogia per l'APC non significa farlo lavorare di più, ma lavorare in maniera differente.
Dargli qualche scheda più complicata servirà ad occuparlo per un po'. È un cerotto.

Attenzione: si ha torto di pensare che l'insegnamento da dare a ragazzo APC debba basarsi unicamente sul principio dell'individualizzazione. Il metodo (lo scopo) non è quello del fare in un contesto del tutto privato, personale e solipsista: ciò di cui ha bisogno è imparare in un'altra maniera ed incontrare altre persone nel processo di apprendimento.